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Quanto ne sanno gli italiani di assicurazioni?

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Poco informati, poco assicurati. Non è una novità che gli italiani siano poco propensi a sottoscrivere polizze.

Un’indagine commissionata dall’Ivass e curata da Università Bicocca e Doxa ha fatto emergere una relazione tra quest’abitudine e la scarsa alfabetizzazione assicurativa.

Le conoscenze sono sovrastimate

Il primo dato che spicca è l’eccessiva stima delle proprie competenze.

Il 60% degli intervistati dichiara di conoscere i concetti assicurativi, ma solo il 13,9% risponde correttamente alle domande che riguardano nozioni come premio, franchigia e massimale.

Ad esempio, più di un terzo del campione non distingue tra rischio (condizione in cui sono determinate le conseguenze di un evento e le probabilità che accada) e incertezza (rischio non calcolato o non calcolabile).

Il 39% dichiara di conoscere i prodotti assicurativi (infortuni, temporanea caso morte, vita e previdenza complementare), ma meno di una persona su 2 mila ne possiede un quadro approfondito.

L’avversione al rischio

I risultati mostrano che gli italiani sono piuttosto avversi al rischio, soprattutto sotto i 64 anni. Chi manifesta un’avversione maggiore, si assicura di più.

Per quanto riguarda le aree geografiche, le Isole sono quelle con una maggior propensione a rischiare, mentre il Nord Est si dimostra più cauto.

L’avversione al rischio va poi di pari passo con il titolo di studio: chi possiedono dal diploma di scuola media superiore in su mostra livelli di avversione al rischio più alti.

L’offerta è poco chiara

C’è poi un secondo nodo legato alla scarsa informazione: dovrebbe migliorare la chiarezza delle compagnie.

Più di un intervistato su due manifesta insoddisfazione per la comprensibilità dell’offerta, mentre il 34% considera abbastanza comprensibile il set informativo.

Anche in questo caso emergono importanti differenze in base al titolo di studio, ma in chiave controintuitiva: chi possiede una laurea (triennale o magistrale) attribuisce un punteggio più basso all’efficacia comunicativa assicurativa rispetto a chi ha una scolarità più bassa (licenza media inferiore).

Dati che vanno letti, secondo l’Ivass, in due direzioni. Da una parte c’è un’alfabetizzazione assicurativa “non adeguata”. Dall’altra, all’aumentare delle conoscenze (correlate al titolo di studio) cresce la convinzione che la comunicazione non sia efficace.

Le possibili soluzioni

C’è quindi l’esigenza di agire su più fronti.

La scuola è il cardine educativo, perché permette di formare i più giovani. Servono interventi mirati anche alla popolazione adulta.

E deve crescere la capacità di instaurare un rapporto di fiducia tra la compagnie e i clienti, ancor prima della firma e per tutta la durata del contratto.

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